127 ore

127 oreRECENSIONE
titolo originale: 127 hours
regia: Danny Boyle
cast: James Franco, Amber Tamblyn, Kate Mara, Sean Bott
genere: Drammatico
paese: USA
anno: 2010
distribuzione: 20th Century Fox
uscita: 25/02/2011
7

Quando decise di girare un film sulla storia vera di un alpinista, tale Aron Ralston, che per cinque giorni era rimasto solo e intrappolato dentro un canyon ai confini del mondo, con un braccio schiacciato da un  enorme masso, il regista Danny Boyle voleva soprattutto trovare una scappatoia per non restare intrappolato nelle attenzioni mediatiche e industriali dei riflettori post-Oscar. Avrebbe potuto battere cassa e realizzare un blockbuster e, come da copione, gli arrivarono svariate proposte (alcune particolarmente allettanti), ma preferì investire il bonus di fiducia per permettersi il sapore sperimentale di un soggetto difficile come questo.
Nei primi dieci minuti 127 ore sembra Into the Wild con lo scorrimento veloce attivato. Panorami mozzafiato attraversati da split-screen e immortalati con inquadrature curiose. La macchina da presa è letteralmente travolta dall’entusiasmo e il montaggio sciorina tecniche vagamente videoclippare dal gusto anni Novanta. Riconosciamo subito la firma, ma poi la nostra attenzione si sposta dalla maestria tecnica del regista alle capacità recitative di James Franco, un attore che fino ad ora non aveva ancora avuto la sua grande occasione e che scopriamo ricco di registri interpretativi. Mentre le 127 ore passano inesorabili, il film non rallenta mai, presentando una serie di diversivi che ci portano direttamente dentro il flusso di coscienza del protagonista tra ricordi, visioni e prese di coscienza sulle ragioni che lo hanno portato a tale condizione-limite.
L’uscita di questo film è stata circondata da aspettative altissime: dopo il trionfo agli Oscar con The Millionaire, arriva il momento di dare conferma del proprio talento. A dire il vero è dal 1996, l’anno di Trainspotting, che ci si dovrebbe aspettare il meglio dal regista inglese (e con nessuna o poche delusioni per giunta). Ora, bisogna ammettere che 127 ore non è il miglior Boyle, inoltre va a suo discapito anche la sfortunata coincidenza per cui il film è uscito poco dopo l’osannato Buried, per molti versi simile, ma decisamente superiore. Il paragone sorge spontaneo, perché in entrambi i film assistiamo a una tragedia e in cui un solo uomo si trova ad affrontare una situazione estrema con scarse probabilità di soppravvivenza e la necessità di diventare eroe di se stesso. Nonostante ciò non si può negare il fatto che 127 ore sia un buon film, capace non solo di tenere sulle spine gli spettatori, ma anche di divertirli con l’inaspettato cinismo autoironico del protagonista e di sconvolgerli con scene intollerabilmente raccappriccianti. Forse non guadagnerà l’Oscar, ma tutto questo è abbastanza perché il film si imprima nella mente e si sollevi al di sopra della media delle proposte cinematografiche.

Maria Silvia Sanna

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Una Risposta to “127 ore”

  1. palbi Says:

    la situazione estrema di Buried viene creata in maniera speciosa ai fini di un esercizio di stile. Qui il talento e la visione del regista sono a servizio di una storia genuina. Personalmente l’ho trovato il miglior film di Boyle, con un equilibrio fantastico tra i virtuosismi della regia, il carisma dell’interprete e le esigenze di una storia che meritava di essere raccontata

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