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Il quarto tipo

20 gennaio 2010

RECENSIONE
titolo originale: The Fourth Kind
regia: Olatunde Osunsanmi
cast: Milla Jovovich, Will Patton, Hakim-KaeKazim, Corey Johnson, Enzo Clienti, Elisa Koteas
genere: Fantascienza, horror
paese: USA
anno: 2009
distribuzione: Warner bros. Italia
durata: 98′
uscita: 22/01/2010
7

In giorni come questi, fatti di tragedie dolorosamente reali e di ipotetiche catastrofi preannunciate da cui si ricavano mediaticamente film, libri e trasmissioni televisive di largo consumo, ci mancavano solo gli alieni. Esce infatti in Italia Il quarto tipo, un film che affronta, a metà tra documentario e finzione filmica, la sempre dibattuta, derisa o difesa questione degli alieni.
La storia si svolge in una landa ghiacciata e sperduta dell’Alaska dove la psicoterapeuta Abigail Tyler, (interpretata dalla convinta e convincente Milla Jovovich), che ha perso il marito in circostanze violente e misteriose e vive da sola con i suoi due figli, scopre attraverso le testimonianze dei pazienti che ha in cura delle inquietanti e anomale coincidenze. Tutti i pazienti presentano infatti disturbi del sonno e durante la notte percepiscono rumori e presenze minacciose preannunciate dalla visione di un gufo bianco alla finestra. Durante l’ipnosi a cui la dottoressa li sottopone, ricordano solo a stento, e a prezzo di urla mostruose e crisi tremende, di essere stati trascinati via da queste oscure presenze. Tutto il resto viene rimosso ma continua a tormentare e logorare chi ha vissuto questa terribile esperienza. Il film segue da vicino le sedute di ipnosi, le reazioni brutali dei pazienti, le esperienze simili vissute dalla stessa dottoressa e i vari tipi di incontri-scontri con questi esseri indefinibili e temibili, fino ad arrivare a quello più inspiegabile e illogico: il quarto tipo, ossia il rapimento.
Il film di Osunsanmi è sicuramente ben fatto e curato, basta guardare l’uso ricorrente dello split screen che divide lo schermo in varie parti e separa la finzione filmica dalla “verità”, l’uso di una regia sincopata e lisergica nelle sequenze “paranormali” che non mostra mai l’alieno, (errore in cui incappò M.Night Shyamalan in Signs, dove l’alieno verde in stile pupazzo di cartapesta faceva molto b-movie alla Roger Corman), ma lo evoca con sfocature, bruschi movimenti di macchina e ritmi accelerati. Anche gli attori, pressochè sconosciuti a parte la Jovovich, sono credibili con le loro occhiaie e faccie scavate suscitano paure lontane che richiamano spesso L’esorcista e il filone horror demoniaco.
La paura e l’inquietudine sono gli obiettivi proposti e centrati dal film, dove c’è un pò del mistero di X-Files e un pò dell’amatorialità alla Blair Witch Project, con il ricorso costante a telecamerine portatili e registratori che sembrano vedere, sentire e registrare quello che l’occhio e l’orecchio umano possono a stento percepire. Non c’è traccia degli alieni buoni di Spielberg – nè di quelli pacifici di Incontri ravvicinati del terzo tipo nè del tenero E.T.– , e nemmeno degli alieni sottomessi e ubbidienti del recente District 9; gli alieni di Osunsanmi sono spietati, violenti, potenti e alteri (la loro voce in lingua sumera a un certo punto sembra dire “…io sono Dio…”) e l’uomo è piccolo e indifeso di fronte alla loro sfuggente presenza.
Crederci o no?Solo a noi spettatori spetta decidere, come ci ricordano direttamente Milla Jovovich e il regista alla fine del film. La sensazione che si prova uscendo dalla sala è quella di una costante oscillazione tra la paura e il senso del ridicolo, tra il “e se fosse vero?” e il “sono tutte menzogne!”, tra il tremore e la voglia di ridere e prendere pure un pò in giro chi crede in  tutto questo. Di certo non si resta indifferenti. Il quarto tipo è un film che sfiora e solletica certe paure e idee che albergano in ognuno di noi ma non scrolla nè sbatte con violenza; è un film di poca importanza dal punto di vista sociologico perchè non dice nulla di nuovo e di certamente vero (è science-fiction e mai ossimoro fu più estremo!) e molto probabilmente non scatenerà diatribe mediatiche, ma è un film riuscito dal punto di vista cinematografico perchè non annoia, attira a sè lo spettatore come una calamita e infine lo rapisce.

Margherita Ciacera