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The Raven

23 marzo 2012

RECENSIONE
Regia: James McTeigue
Cast:  Luke Evans, John Cusack, Alice Eve, Brendan Gleeson
genere: Thriller
paese: USA, Inghilterra, Spagna
anno: 2012
durata: 111′
distribuzione: Eagle Pictures
uscita: 23/03/2012
voto: 5

L’omicidio brutale di una madre e di sua figlia è l’inizio di una serie di delitti che coinvolgono Edgar Allan Poe. I delitti infatti sembrano assomigliare incredibilmente a una serie di racconti scritti dall’autore, personaggio piuttosto curioso, emarginato e squattrinato. La polizia lo interroga ma un altro omicidio è l’ennesima prova che il killer che deve essere battuto solo con l’aiuto dell’autore indiretto dei delitti: lo stesso Edgar Allan Poe.
Non c’è bisogno di presentare Edgar Allan Poe, icona letteraria del genere giallo/thriller che ha influenzato il romando, il cinema e non solo. The Raven è un’interpretazione di questo personaggio, relazionato ai suoi manoscritti e alla sua vita al limite dell’anonimato. Il regista James McTeigue, che ha regalato ai noi spettatori l’adattamento di V per Vendetta, ha voluto utilizzare l’espediente di Edgar Allan Poe per allestire una serie di delitti, uno più macabro dell’altro, o almeno così cerca di voler essere.
The Raven è un film piuttosto debole proprio dal punto di vista del suo protagonista, che non ha molto da dire. Il film ripropone il genere investigativo in cui lo scrittore/autore diventa detective (una solfa ben nota ormai), un po’ meno dedito all’azione e alle spericolatezze come lo Sherlock Holmes di Guy Ritchie. Al di là dell’aspetto metaletterario, il film altro non è che una serie di scene in cui omicidi gore e trash cercano di suscitare qualche emozione allo spettatore, che al 100% potrebbe dire “Già visto”.
L’attore John Cusack, nei panni dello scrittore Poe, non trasmette nulla di interessante sia perché la sceneggiatura non brilla certo di una luce accattivante, sia perché l’attore stesso è anonimo in questi panni. Nell’insieme, il film è piuttosto spento che può essere valutato come il solito film dai delitti con l’allestimento scenografico piuttosto complesso ma che seguono sempre le stesse dinamiche di investigazione. Forse è interessante il contesto storico, ma è comunque uno sfondo fiacco in un fiacco film.

Riccardo Rudi

Green Zone

7 aprile 2010

RECENSIONE
titolo originale: Green Zone
regia: Paul Greengrass
cast: Matt Damon, Jason Isaacs, Brendan Gleeson, Greg Kinnear, Amy Ryan, Said Faraj, Michael O’Neill, Khalid Abdalla,
genere: Drammatico, Guerra
paese: USA/Francia/Spagna/Regno Unito
anno: 2010
distribuzione: Medusa
uscita: 09/04/2010
8

Ci sono pellicole che spesso, da noi critici, vengono definite e classificate come “commerciali”; un aggettivo usato, purtroppo, in senso un po’ dispregiativo, quasi a voler sottolineare le opere fruibili e adatte alle masse festanti di adolescenti urlanti che infestano i multiplex ormai diffusi in molte città. Come se le pellicole di “qualità” si possano trovare relegate nei soli cinema d’essai o nelle rassegne dei vari oratori di provincia.
Quando, però, il termine “commerciale” si accompagna a due grandi firme del panorama cinematografico mondiale come Matt Damon e Peter Greengrass, in questo caso anche noi usciamo dalla sala veramente soddisfatti e con il piacere di aver passato una serata elettrizzante e avvincente come quella narrata in Green Zone.
Mattatore della pellicola è il soldato Miller (Matt Damon) che arriva in Iraq con un unico obiettivo: trovare le “armi di distruzione di massa” e salvare vite umane. Leale verso la propria missione e la propria squadra, e determinato a scoprire la verità mostrando tutto il suo coraggio, Miller inizia a cercare i responsabili della produzione e della potenziale detonazione con lo scopo di consegnarli alla giustizia affinché questa possa fare il suo corso.
Il soldato viene informato che una fonte, con il nome in codice di Magellano, aveva avuto un incontro con alcuni ufficiali statunitensi prima della guerra, ai quali aveva assicurato che le armi esistevano veramente e che Saddam Hussein era pronto ad utilizzarle contro il suo popolo e contro qualunque usurpatore. Ciò che Miller, però, sta scoprendo, sembra non combaciare.
Il soldato comincia a interrogare i membri dell’intelligence che hanno stilato la lista delle postazioni dove avrebbero dovuto trovarsi le armi poiché i siti indicati non portano a nessun risultato.
Non ricevendo risposte ufficiali, Miller segue le sue vie ufficiose: un veterano agente della CIA, un civile iracheno e una giornalista che lo spingeranno allo scontro con un civile a capo della DIA, con un ufficiale dei Berretti Verdi e con un gruppo occulto di iracheni un tempo influenti ed ora alle prese con alcuni progetti contrastanti.
Film di quelli che afferrano il pubblico per la camicia e lo inchiodano alla poltrona, immergendolo fin nei più minimi dettagli in una zona di guerra quale l’Iraq, Green Zone racconta la storia della fallimentare ricerca delle armi di distruzione di massa (perché, evidentemente, c’è sotto qualcosa di più grosso). Un action-thriller al cardiopalma che il valido regista riesce a regalarci, dopo le esaltanti e riuscite prove dei suoi precedenti film: gli ultimi due della serie Bourne, sempre con Matt Damon, United 93, sul volo dirottato l’11 settembre e Bloody Sunday, sul brutale assassinio di 13 manifestanti per i diritti civili nell’Irlanda del Nord.
Conosciuto e apprezzato per le sue dolorose pellicole drammatiche, frutto di ricerche meticolose, sempre interessato a conflitti globali e a fatti di attualità con rilievo sociale, mescolando la rigorosa disciplina propria dei documentaristi alla sensibilità drammatica nella costruzione e strutturazione di un plot, Greengrass – oltre ad un Matt Damon che cattura subito l’attenzione mentre corre, salta, insegue, spara e si imbatte in personaggi di ogni tipo – porta a bordo della produzione tutta una serie di collaboratori collaudati con cui ha lavorato in questi anni: lo sceneggiatore Helgeland di L.A. Confidential, il direttore della fotografia Ackroyd (che ha lavorato al Premio Oscar The Hurt Locker), lo scenografo Watkins (United 93 e The bourne supremacy), il montatore delle varie sequenze cariche di azione Christopher Rouse, il supervisore agli effetti visivi Peter Chiang e il curatore delle notevoli musiche John Powell (che ha composto anche le colonne sonore dei vari Shrek, L’Era glaciale e X-Men).
Green Zone (che poi è quel quartiere super protetto, nel centro di Baghdad, dove vivono gli americani, poco distanti dalle zone del conflitto) è un thriller a sfondo politico che vuole richiamarci alla mente (con un’evidente vena polemica di condanna) la presenza degli americani in Iraq e la corruzione presente negli alti vertici della diplomazia USA.
Una storia drammatica, che si evolve sullo sfondo di avvenimenti storici, dove ogni frammento del film è interessante, ricco di azione, esaltante e misterioso.
E il merito va anche alla collaborazione attiva di tutti quei reduci che hanno realmente preso parte al dramma iracheno narrato sullo schermo, contribuendo a creare quell’ambiente che sa di autentico e conferisce al film la necessaria, solida, base di credibilità.

Piergiorgio Ravasio