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Cappuccetto Rosso Sangue

5 Maggio 2011

RECENSIONE
titolo originale: Red Riding Hood
regia: Catherine Hardwicke
cast: Amanda Seyfried, Gary Oldman, Virginia Madsen, Julie Christie, Shiloh Fernandez, Billy Burke, Max Irons
genere:Thriller
paese: U.S.A.
anno: 2011
durata: 100′
distribuzione: Warner Bros
uscita: 22/04/2011
7

Chiunque, da piccolo, avrà letto o si sarà fatto raccontare la favola di Cappuccetto Rosso e avrà ben impresso nella sua memoria la classica immagine dell’innocente bambina col mantello rosso che si dirige verso la casa della nonna. Immagine, questa, che tuttavia è riconducibile solo alla classica leggenda sui pericoli e gli inganni del mondo, scritta per spaventare bambini influenzabili ed impressionabili.
Molti di noi, dicevamo, sono cresciuti con questa versione di Cappuccetto Rosso; ma in realtà la favola originale ha elementi oscuri che la rendono più intrigante di quanto si possa immaginare. Pur essendoci diverse versioni, ci sono elementi comuni che sempre si ripetono, essendo universali: il mantello rosso, il lupo, la bugia, la paura. E la morale, comune a tutte, era sempre quella: “Non parlare con gli sconosciuti”.
Ma se il lupo fosse una persona amica e conosciuta, di cui ci si fida? Cosa faremmo e come ci comporteremmo?
Prendendo una favola antica e trasformandola per un pubblico moderno, con un ritocco alla favola classica (nel film il predatore diventa un lupo mannaro), la regista Catherine Hardwicke – con lo zampino di Leonardo Di Caprio in veste di produttore – dà vita ad un giallo dove tutti sono i possibili sospettati, creando terrore in un intero villaggio poiché il lupo mannaro può essere qualunque abitante della piccola cittadina.
A metà strada fra commedia romantica e thriller fantasy senza (volutamente) far spaventare, la vicenda narra di una storia d’amore dove la protagonista Valerie (Amanda Seyfried, nota per la sua splendida interpretazione nel film campione di incassi Mamma Mia!) ha due pretendenti: Peter, il ragazzo che ha sempre amato fin dall’infanzia, orfano e decisamente eccentrico rispetto agli altri abitanti del paese ed Henry, un fabbro figlio della famiglia più benestante del paese, l’uomo che i suoi genitori hanno deciso che lei dovrà sposare.
Assieme al resto degli abitanti i tre giovani devono convivere con una terribile realtà: un lupo mannaro che ad ogni luna piena chiede loro un sacrificio. Ma dal sacrificio animale a quello umano ce ne passerà ben poco.
Peter chiederà alla ragazza di scappare via con lui, di fuggire insieme per mostrarle il mondo che lei non ha mai visto. Ma prima che possano fuggire accade il peggio: il lupo mannaro uccide la sorella di Valerie.
In paese arriva un famoso cacciatore di lupi mannari: Padre Solomon (il Gary Oldman di Harry Potter, Il cavaliere oscuro e Dracula), che pare quasi un emissario dalla Santa Inquisizione, il quale spiega a tutti che la bestia di giorno ha sembianze umane e vive in mezzo a loro e solo con la luna piena è uno dei fidati compaesani a trasformarsi in lupo mannaro.
Il tutto si complica quando la giovane Valerie scopre anche di avere un feeling particolare con la bestia.
Nel richiamarci alla memoria la pellicola adolescenziale Twilight (la regista, infatti, è la stessa che ne ha diretto il primo episodio) grazie al triangolo amoroso che ruota attorno ai tre giovincelli – e che sembra interessare maggiormente alla regista che non l’intento di incutere terrore agli spettatori – il film si risolve in una piacevole combinazione di amore giovanile, suspence e leggenda antica.
Ambientazione medievale che conferisce al film quel bell’aspetto gotico e decisamente dark, il film si sostiene grazie ad una bella scenografia che sa rendere il senso di minaccia e di paura che pende sul villaggio, un’ottima fotografia (il contrasto tra il rosso infuocato del mantello della ragazza con il paesaggio imbiancato da uno spesso manto nevoso; la casa della nonnina,
lontano dal paese, al centro del bosco, costruita in mezzo ad alberi enormi), una bella colonna sonora e un buon ritmo che rendono l’intera vicenda appassionante fino alla fine.
La trama potrà, forse, risultare un po’ troppo giocata sull’identità del lupo mannaro; i personaggi, magari, potranno apparire poco introspettivi ed impegnati in dialoghi non particolarmente incisivi ma, nonostante questo, rimane una bella favola per esplorare e capire alcuni aspetti e lati più oscuri del genere umano con le sue rappresentazioni della gelosia, della paura e della morte.

Piergiorgio Ravasio