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Bangkok Dangerous

30 gennaio 2010

Recensione
titolo originale: Bangkok Dangerous
regia: Oxide Pang Chun, Danny Pang
cast: Nicolas Cage, Shahkrit Yamnarm, Charlie Yeung, Panward Hemmanee, James With, Philip Waley, Shaun Delaney
genere: Azione, Thriller
paese: USA
anno: 2008
distribuzione: Eagle Pictures
uscita: 29/01/2010
6

Capita spesso di assistere, nel variegato mondo della celluloide, ai cosiddetti sequel, prequel, riedizioni o rifacimenti. E fino a qui nulla di strano. Più raro, invece, trovare un regista che, a distanza di dieci anni, mette mano alla macchina da presa per rifare lo stesso film realizzato in precedenza.
È il caso di una coppia abbastanza conosciuta nel mondo del cinema: loro sono i fratelli Pang (hanno diretto film di culto tra cui The eye e The messengers) e il film in questione è Bangkok Dangerous, da loro stessi diretto nel lontano 1999 ed ora riproposto sul grande schermo presumibilmente con l’intento di bissare il successo della prima versione (la precedente, infatti, ricevette molti consensi nei vari festival dove fu presentata).
Sullo sfondo di una Bangkok corrotta, frenetica ed incasinata quanto basta (vanno di moda, già da qualche anno, produzioni, location e script di stampo orientale) si muove nell’ombra e nel buio della città un killer professionista a cui dà viso il bravo Nicolas Cage. Qui si chiama Joe ed ha una missione molto importante e delicata: è arrivato in Thailandia su incarico del boss Surat per portare a termine ben quattro omicidi di importanti personalità locali.
Da grande esperto del mestiere e non volendo esporsi troppo in prima linea, Joe ingaggia l’aiutante Kong: uno scagnozzo del posto che, lautamente ricompensato, farà da tramite tra lui e Surat diventando, nel contempo, anche allievo di Joe dal quale apprenderà le tecniche e le regole del “mestiere”.
Gli incontri di Joe culmineranno con l’inaspettata conoscenza con la bella e giovane sordomuta Fon. Un incontro, questo, che gli cambierà radicalmente la vita, non solo dal punto di vista professionale ma anche dal punto di vista umano.
Nonostante gli evidenti ritocchi a livello di sceneggiatura (nella versione del 1999 il Joe asiatico e sordo lascia il posto ad un killer in versione americana e senza alcuna limitazione fisica) il film sfrutta i classici cliché del genere “action” senza aggiungere grandi novità. Ma non per questo ci sentiamo di condannare l’opera dei fratelli Pang e la riuscita interpretazione di un Nicolas Cage che, anche negli abiti del killer, sa muoversi con abilità e maestria risultando, in definitiva, uno dei tanti interpreti che dà un fondamentale contributo alla riuscita di qualunque film.
Impreziosito da una bella fotografia (che risalta il contrasto tra la natura pacifica del paese e le azioni di uno spietato killer) e da un adeguato montaggio, Il codice dell’assassino scorre fluidamente andando a finire esattamente dove ce lo si aspetta: la cultura di un nuovo paese e le persone che vi si incontrano, alle volte ci mostrano i nostri difetti avviandoci a quel processo di redenzione che ci apre la vita ad una seconda possibilità.

Piergiorgio Ravasio