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Draquila – L’Italia che trema

7 Maggio 2010

RECENSIONE
titolo originale: Draquila – L’Italia che trema
regia: Sabina Guzzanti
cast:
genere: Documentario
paese: Italia
anno: 2010
distribuzione: BIM
uscita: 07/05/2010
7

Il titolo di un film che inizia con Draquila sicuramente incuterà qualche timore ai soggetti più facilmente impressionabili, che già si prefigurano chissà quali immagini sanguinolente davanti ai propri occhi, così come Italia che trema potrebbe ulteriormente convincerci di quanto sopra, disegnandoci uno scenario da vampiri avidi di sangue: ma non fermiamoci qui.
Per sollevarci da questi raccapriccianti equivoci da ambiente horror, basta leggere la nota firma di Sabina Guzzanti, acquistando, così, la consapevolezza di parlare di un documentario.
Documentario sì, ma che certamente lascerà dietro di sé il suo strascico di inevitabili (e giuste …. si dice così per par condicio) polemiche.
Sabina Guzzanti, dicevamo. Sì, proprio colei che, da sempre interessata a raccontare la (sua) verità dei fatti, lascia la RAI e approda, con il suo stile tagliente, al grande schermo per farci conoscere i suoi approfondimenti in tema di attualità (da Viva Zapatero del 2005 sulla scarsa libertà di espressione nel nostro paese a Le ragioni dell’aragosta del 2007 con il cast della trasmissione televisiva Avanzi).
Una donna alla quale, nonostante le inevitabili polemiche suscitate dai suoi contributi (cinema, tv, teatro o musica che sia), il pubblico continua a tributare un crescente interesse. Motivo per il quale lei stessa decide di rimettersi nuovamente dietro la macchina da presa.
L’attenzione su cui la cineasta punta il suo sguardo e il suo velenoso accento polemico è quello del terremoto del 6 Aprile 2009, che ha scosso le fondamenta (e sicuramente anche le coscienze) di tutti noi italiani. Un approfondimento, il suo, che vuole fare luce (o gettare ombre) sugli scandali connessi alla ricostruzione di un’intera città dopo il tragico evento sismico, dove il valore di quello che si è sfasciato è immenso e dove l’opinione pubblica, a detta sua, è all’oscuro di tutto ciò che “uno stato parallelo” ha sempre cercato di nascondere abilmente.
Sì: nascondere. Proprio quel verbo che è alla base di questo suo ultimo impegno finalizzato a dimostrare quanto un terremoto possa tradursi in un grande affare di interessi pubblici e privati, dove il grande potere sembra essere (che novità) in mano alle televisioni e all’informazione, le quali promanano una mera illusione, distorcendo dei fatti reali. Dove sembra che il manifestare le proprie opinioni (quando non si applaude pubblicamente al Premier) equivalga a commettere un reato, pena il deplorevole allontanamento obbligato da parte delle forze pubbliche, con tanto di minaccia di azioni legali.
Uno stato di generale anarchia, arbitrio e militarizzazione totale, dove gli stessi soccorritori vengono presentati come invasori (ci si riferisce alla Protezione Civile governata da Guido Bertolaso), sorta di esercito armato in mano alla Presidenza del Consiglio, mentre una generale corruzione edilizia e loschi affari sotto banco a braccetto con le cosche mafiose (c’è tanto di intervista al figlio del Sindaco palermitano Ciancimino a proposito della costruzione di Milano 2) sembrano imperversare come occasione d’oro in palmo di mano (a qualcuno) per fare una valanga di soldi.
La Guzzanti ci tranquillizza subito sul suo sforzo di dare speranze per il futuro, in merito al rischio di eventuali denunce: “Mi sono tutelata; Ogni fatto e ogni parola che andrà nella versione finale, sarà valutato con l’aiuto di avvocati”.
Con l’eccentrica idea, innovativa e originale, di far scegliere agli italiani (sul suo blog) il titolo dell’ultima pellicola (Ordinanza 3838 -Habemus titolum), certamente la regista ci suscita un insolito dubbio: a parte il numero delle sale che programmeranno il suo film, bisogna davvero essere costretti a rinchiudersi nel buio di un cinema per conoscere la storia di quegli italiani che devono ancora ritrovarsi in piazza ogni domenica mattina a rimuovere le macerie e dimostrarci come il loro spirito, nonostante tutto, sia ancora vivo?
In patria abbiamo avuto il recente tentativo di Videocracy per darci l’immagine di una televisione ad uso e consumo di un personaggio pubblico (seppur di alto profilo istituzionale). Oltre confine abbiamo un indiscusso (e più abile) Michael Moore schierato con le sue pellicole contro il sistema americano e il suo ex Presidente (Fahrenheit 9/11, Sicko e Capitalism: A love story). Qui da noi abbiamo (almeno) lei che cerca di condannare una televisione (anche se magari la Guzzanti si ferma solo a questo, senza andare oltre, rispetto all’illustre collega americano) come specchio dell’anima di un Presidente del Consiglio.
Dove è quella “sinistra” che possa svegliare le coscienze e contrastare le gaffes di un Premier (“Ho speso 200 milioni di euro per consulenti e …. giudici”. Subito correttosi in “avvocati”), gli striscioni in città (Grazie Silvio: l’unico che oggi fa ancora miracoli), le situazioni comiche (un Berlusconi che cerca applausi in un asilo di bambini), le righe infilate nei decreti per modificare e ampliare le competenze della Protezione Civile o le lamentele di due terzi di una città che non può rientrare nella propria casa classificata ancora come “sana”?
Nel sito internet di Sabina Guzzanti si legge: “Trema l’Italia. Per i privilegi di pochi, per le leggi ad personam, per l’appropriazione indebita di fondi pubblici, per la corruzione, per le caste, per i servizi negati ai cittadini e per la speculazione edilizia. Trema e si sgretola lentamente. Non restare a guardare. Dai una scossa al cambiamento! Il diritto di espressione è il cemento della democrazia.”
Sicuramente “Draquila” è il classico film per non dimenticare il silenzio di un vuoto non colmato, una pellicola da cui traspare l’amore per il proprio paese, un’occasione per farci riflettere su cosa abbiamo scambiato in cambio di cosa, una storia di responsabilità e solidarietà dove il mito del dio denaro sembra essere ancora presente, un desiderio di ricostruire una città sommersa dalle macerie ma dove, forse, bisogna prima ricostruire delle vite umane.
È con questo dubbio che usciamo dalla sala: riusciremo mai a cambiare qualcosa? Basteranno pellicole come questa per risolvere i problemi o subentrerà quella sfiducia e rassegnazione per cui tutti getteranno le speranze?
O forse è più comodo e facile dimenticare?
La Storia, alla fine, la scriviamo sempre noi elettori. Poiché, come si dice, “Ogni nazione ha i politici che si merita”.

Ravasio Piergiorgio

L’uomo nell’ombra

8 aprile 2010

RECENSIONE
titolo originale: The Ghostwriter
regia: Roman Polanski
cast: Ewan McGregor, Pierce Brosnan, Kim Cattrall, Olivia Williams
genere: Thriller
paese: USA
anno: 2009
distribuzione: 01 Distribution
durata: 131
uscita nelle sale: 9/04/2010
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Essere “l’ombra” del politico più importante d’Inghilterra può essere pericoloso. Un ghostwriter (colui che scrive l’autobiografia di un personaggio famoso) rimane intrappolato senza via di fuga in un intrigo politico di proporzioni gigantesche. Assunto per completare il manoscritto dell’ex primo ministro britannico Adam Lang, lo scrittore viene mandato su un’isola della costa orientale dove Lang deve soggiornare durante i suoi meeting negli Stati Uniti. Lo scrittore deve continuare il lavoro dell’assistente precedente, Mike McAra, trovato morto proprio sulle spiagge di quell’isola. Ma a sua insaputa rimane coinvolto in uno scandalo politico di dimensioni internazionali quando Adam Lang viene accusato di crimini di guerra per aver catturato dei terroristi in Pakistan e averli consegnati alla CIA. Il suo lavoro di scrittore “ombra” e la volontà di cercare la verità lo conducono a immergersi nel passato del politico, aprendo porte su un segreto sconvolgente.
Robert Harris è un romanziere e giornalista che nel 2007 ha scritto un romanzo controverso e molto criticato in Inghilterra, The Ghost. Il romanzo in questione trova in Roman Polanski il regista perfetto per  la trasposizione delle sensazioni tanto care all’autore, in un mix tra un noir e atmosfere hitchcockiane, una trama inquietante, dove niente è ciò che sembra.
Ghostwriter si presenta come un film affascinante, un thriller complesso, costruito su un incredibile gioco di atmosfera e fotografia, affianco a cui si aggiunge una narrazione piena di colpi di scena e rivelazioni coinvolgenti. Ogni avvenimento e ogni personaggio sembra parte di un piano mortale per il protagonista. La trama si basa sul sospetto e sul dubbio, in cui ogni tassello del puzzle che il ghostwriter sta ricostruendo sembra essere coinvolto in qualcosa di più grande. Tutto viene giocato sul fatto che può accadere ogni cosa, e che il protagonista non sembra mai totalmente al sicuro.
La narrazione è sempre sul punto di esplodere in un colpo di scena eclatante, ma solo nel finale, con la risoluzione clamorosa  del mistero e la conseguente apertura di un vaso di pandora, c’è la deflagrazione della tensione accumulata: ogni evento e situazione è costruito in modo tale da non lasciare spazio allo spettatore di interpretare ciò che è successo in quell’istante, così la tensione e gli enigmi crescono e si stratificano sino a toccare un punto in cui l’enigma sulla vita di Adam Lang diventa incomprensibile.
L’orchestrazione di questa enorme catena narrativa è straordinaria, degna di un regista come Roman Polanski, ma forse il vero tocco da maestro risiede nelle ambientazioni: lo scenario che fa da sfondo alla vicenda è surreale e minaccioso, quanto basta per rendere la storia quasi un racconto di fantasmi. La lugubre villa dove risiedono i personaggi sembra inghiottire in suoi abitanti in una trappola mortale, i paesaggi invernali dell’isola trasmettono sensazioni angoscianti, e la loro desolazione non fa altro che trasmettere un senso di perdizione che attraversa tutto il film.
Ewan McGregor interpreta un personaggio ambiguo: il ghostwriter è l’ombra per eccellenza, a cui sono stati sottratti i tratti distintivi e caratterizzanti, diventando un personaggio fantasma la cui unica missione è ricostruire il passato di Adam Lang. La soluzione dell’enigma viene trovata in un modo che forse ad alcuni non piacerà, ma che sicuramente ha un fascino degno dei gialli di fine ‘800.

Riccardo Rudi