Archive for the ‘Anteprime’ Category

5 (Cinque)

25 giugno 2011

RECENSIONE
regia: Francesco Dominedò
cast: Matteo Branciamore, Stefano Sammarco, Christian Marazziti, Rolando Ravello, Alessandro Borghi, Lito Vitale, Massimo Bonetti, Giorgia Wurth
genere: Thriller Drammatico
paese: Italia
anno: 2011
durata: 99
distribuzione: Iris Film
uscita: 24/06/2011
7

In un riformatorio dei quartieri di Roma Est Fabrizio, Gianni, Luigi, Manolo ed Emiliano  diventano amici stretti sino a condividere lo stesso destino da criminali. La strada è da sempre la loro casa, e una volta cresciuti il loro animo rimane ancorato alla malavita, sino a portare a termine una rapina improvvisata che li conduce a favolosi e facili guadagni. L’apparente bella vita, le donne e il successo diventano una droga di onnipotenza sino a rimanere indelebilmente incastrati in una realtà fatta di eccessi e di affari pericolosi, in un mondo criminale fatto per autodistruggersi. 5 (Cinque) è una storia di amicizia e di criminalità, il cui percorso dei singoli è caratterizzato da scelte che condizionano il gruppo.
L’esordio di Francesco Domenidò non sembra portare nulla di nuovo nel panorama del cinema italiano; il genere crime metropolitano è sempre più amato dai registi e dagli spettatori (di televisione e di cinema), che non aspettano altro che vedere il solito ragazzaccio bello e dannato che tra donne, sesso, droga e sparatorie in mezzo ai quartieri più malfamati della città si scontra con la polizia e i vari servizi e forze armate.
I cinque ragazzi della zona di Quarticciolo sono interpretati da un cast sia televisivo che esordiente: tra tutti si nota ovviamente Matteo Branciamore, la cui fama visiva è legata alla serie I Cesaroni e che sicuramente permette la pubblicità del film attirando un pubblico fedele; Alessandro Borghi (Distretto di polizia)oltre all’esperienza televisiva può essere ricordato per un altro film crime all’italiana che ha segnato un ulteriore svolta del genere nel cinema italiano contemporaneo, Romanzo Criminale 2. Non tutti gli attori provengono da un passato televisivo: ad esempio Stefano Sammarco è non solo attore in 5 (Cinque), ma è anche il soggettista del film. In sostanza il film ha un impatto divistico televisivo rilevante e ingombrante che non rende necessariamente un film interessante.
5 (Cinque) non è esente da difetti: gli stereotipi che vengono incarnati dai cinque protagonisti sono l’esempio più evidente; c’è chi è più violento, chi è vestito bene, chi è un latin lover, chi è raffinato e così via. Ma la loro caratterizzazione, alla fine, è riuscita, così come lo stile registico delinea un modus operandi di Francesco Domenidò piuttosto interessante come zoomate frenetiche, l’uso delle luci che si avvicinano quasi al noir, l’ambientazione periferica che rende interessante l’azione dei cinque protagonisti e infine la sottile ironia con cui vengono trattate le tematiche gangster.
Riassumendo: se da un lato 5 (Cinque) è il solito gangster movie italiano con i suoi pregi e soprattutto i suoi eccessivi difetti, da un altro invece ambisce a creare un’atmosfera positiva, una storia che bene o male viene valorizzata dagli attori che promettono comunque una bella esperienza al cinema.

Riccardo Rudi 

Paul

25 giugno 2011

RECENSIONE
titolo originale: Paul
regia: Greg Mottola
cast: Nick Frost, Simon Pegg
genere: Commedia, Fantascienza, On The Road
paese: Gran Bretagna
anno: 2011
durata: 104
distribuzione: Universal Pictures
uscita: 1/06/2011
7

Due amici appassionati fantascienza partono per gli Usa per il Comicon di San Diego, fiera dei fumetti di cui sono appassionati. Ma quando attraversano il deserto del New Mexico incontrano un alieno, che a differenza delle convinzioni della gente è amichevole e molto “umano”. L’alieno era tenuto prigioniero dalla fine degli anni quaranta in una base militare e quando riesce a fuggire si unisce ai due umani in una avventura on the road per tornare a casa.
Il regista Greg Mottola ha fatto un divertente prodotto di rielaborazione del tema dell’alieno, che nella maggior parte dei casi viene dipinto come l’invasore che tenta di distruggere l’umanità oppure come una creatura delicata e gentile che di solito interagisce con bambini o con chi ha l’innocenza nel cuore. In Paul l’alieno si incontra/scontra invece con due nerd grandi, grossi e inglesi, il cui modo di pensare non coincide propriamente con quello della gente comune: vedono il mondo attraverso occhi da bambino, ma la mentalità infantile non equivale a stupidità.
La comicità dell’alieno Paul riveste il ruolo fondamentale del film, che si fonde terribilmente bene con l’ironia infantile e la mentalità “instupidita” e nerd dei due protagonisti: Paul non sembra affatto un alieno, sebbene le sembianze del “grigio” (tipologia inquietante di extraterrestre che nell’immaginario fantascientifico attua catture ed esperimenti su esseri umani) possano sembrare ostiche. Il suo carattere è cinico e disincantato, e di fronte alle esagerazioni della società umana non si scompone mai. La sua realizzazione tecnica è impeccabile, i movimenti fluidi e realistici, mentre per quanto riguarda il doppiaggio in italiano la scelta di utilizzare la voce di Elio e azzeccata perchè riesce a valorizzare gli elementi dissacranti del film.
Paul è un lavoro di citazioni, che per gli amanti della fantascienza balzano all’occhio con incredibile sarcasmo, mentre per chi non è immerso nel genere comunque vengono notati e apprezzati (in particolare viene preso di mira il cinema di Steven Spielberg, con l’immancabile E.T.). A guidare lo spettatore sono gli attori Simon Pegg e Nick Frost, che indubbiamente hanno fatto un lavoro di interpretazione quasi folle, risaltando il concetto fondamentale di tutto il film: i veri alieni sono coloro che, rispetto a una società sorda e cieca, sanno apprezzare la diversità della vita. In fin dei conti, non c’è niente di male nell’essere alieni

Riccardo Rudi

The Conspirator

22 giugno 2011

RECENSIONE
titolo originale: The Conspirator
regia: Robert Redford
cast: James McAvoy, Robin Wright, Evan Rachel Wood, Kevin Kline, Danny Huston, Jonathan Groff, Alexis Bledel, Tom Wilkinson, Justin Long
genere: Drammatico
paese: USA
anno: 2011
durata: 123
distribuzione: 01 Distribution
uscita: 22/06/2011
5

Washington 1865. Il Presidente Abramo Lincoln viene ucciso mentre assiste alla rappresentazione di una commedia. Mentre il responsabile del gesto, l’attore simpatizzante sudista John Wilkes Booth, immediatamente rintracciato, muore in un conflitto a fuoco, i suoi compari vengono catturati e sottoposti a giudizio. Tra essi c’è anche Mary Surratt, proprietaria di una pensione e ritenuta complice dei cospiratori, che fin dall’inizio di proclama innocente. Spetterà al giovane avvocato Frederick Aiken assumere la difesa della donna, sfidando l’ostilità del Foro e i suoi stessi principi, in una tormentata battaglia per la giustizia e la verità.
A quattro anni di distanza dall’acclamato Leoni per agnelli, Robert Redford ritorna al suo consueto cinema d’impegno civile e politico per raccontare i presunti retroscena di quello che è ancora oggi ricordato come “l’omicidio più sconvolgente d’America“.
Scritto dall’esordiente James Salomon e primo primo frutto della The American Film Company, casa di produzione nata con l’intento di portare sul grande schermo i più significativi episodi della Storia statunitense, The conspirator è il tipico film su commissione diligente quanto impersonale, che al di là del retroterra ideologico ha ben poco a che spartire con la filmografia del regista californiano. L’impianto è appunto un mix di ricostruzione storica e legal-thriller di impronta teatral-televisiva, condotto secondo gli schemi più canonici del filone processuale. A tenere insieme il tutto è una regia invisibile se non assente, all’insegna di quel classicismo redfordiano altrove efficace nel garantire un tono sobrio e asciutto e mantenere il focus sul tema, che qui diventa mero meccanicismo didascalico e prevedibile tanto sul piano della messa in scena, che su quello del racconto. Così, mentre la prima si limita ad un’ambientazione d’epoca evocativa ma posticcia, come in una sorta di diorama al cui interno i personaggi si muovono nei loro vestiti intonsi come statiche figurine bidimensionali; il secondo procede in una stretta aderenza all’azione e ai meccanismi narrativi del genere – assecondati con estenuante prevedbilità – opportunamente privo di sentimentalismi ma anche di quella componente emozionale e di pathos, necessaria ad assicurare il coinvolgimento dello spettatore.
Al quale certo non aiutano né la stilizzazione eccessiva e quasi straniante di una fotografia giocata fino alla stucchevolezza su suggestioni rembrandtiane e la staticità di interpreti fuori parte e male assortiti.

Caterina Gangemi

Cars 2

22 giugno 2011

RECENSIONE
titolo originale: Cars 2
regia: John Lasseter, Brad Lewis
cast: Owen Wilson, Tony Shaloub, Larry The Cable Guy, John Turturro, Emily Mortimer, Michael Caine, Joe Mantegna
genere: Commedia/Animazione
paese: USA
anno: 2011
durata: 120
distribuzione: Walt Disney Pictures
uscita: 22/06/2011
5

Come Wes Craven ci ha insegnato, un sequel che si rispetti non può prescindere dalla moltiplicazione e il potenziamento di quegli elementi che avevano decretato il successo del primo. Non fa eccezione a queste regole neppure il mondo dell’animazione, come testimonia il secondo capitolo di Cars, nel quale John Lasseter e soci, forti dell’exploit del 2006, ripropongono la stessa formula vincente, premendo il pedale dell’acceleratore in direzione di una maggiore spettacolarità.
I tratti sono quelli caratteristici e impeccabili del brand Pixar: regia  (dello stesso Lasseter, coadiuvato dal veterano Brad Lewis) brillante e dinamica, animazione strabiliante nel dare credibilità a un mondo interamente a quattro ruote, immancabile retroterra edificante disneyano, qui improntato ai valori dell’amicizia e della lealtà. A rendere il tutto più roboante provvede il plot che mette da parte le consuete sfide automobilistiche del protagonista Saetta McQueen, alle prese con un temibile avversario italiano invincibile e sbruffone, a favore di un’inedita spy-story che vede il suo amico sempliciotto Carl Attrezzi, detto Cricchetto, coinvolto suo malgrado in un complotto internazionale che lo catapulterà in una serie di rocambolesche avventure in giro per il mondo.
Ed è proprio sul verante della storia che, paradossalmente, emergono le magagne di un prodotto troppo teso ad attingere quegli stessi meccanismi efficaci del precedente, quanto incapace di gestire con mano ferma le novità: così, se il racconto arranca sotto il peso di un affastellamento episodico di gag improntate ad uno humor esclusivamente infantile, poco felice si rivela la scelta di affidarne i comandi ad un personaggio-spalla come il malcapitato Cricchetto, la cui caratterizzazione macchiettistica e bambinesca si rivela del tutto inadeguata nel mantenere l’appeal della vicenda.
Ne fanno le spese il ritmo, dissipato in due eccessive ore di tempi morti e inutili orpelli di contorno alle pur mirabolanti scene d’azione, e lo stesso divertimento, che trova appagamento soltanto nella miriade di citazioni e riferimenti e nelle geniali trovate legate all’antropomorfizzazione di un universo di motori, declinato per l’occasione nelle sue varianti geografiche.
Ad appesantire il tutto, provvede infine lo scellerato doppiaggio dell’edizione italiana che vanifica il lavoro degli interpreti originari (del calibro di Owen Wilson, John Turturro, Tony Shaloub, Emily Mortimer e Michael Caine) raggiungendo il nadir con l’irriducibile antipatia di Alessandro Siani e l’imbarazzante quanto inutile cameo vocale di Sofia Loren.

Caterina Gangemi

Limitless

8 aprile 2011

RECENSIONE
titolo originale: Limitless
regia: Leslie Dixon
doppiaggio italiano: Bradley Cooper, Robert De Niro, Abbie Cornish, Anna Fiel
genere: Thriller
paese: USA
anno: 2011
durata: 105
distribuzione: Eagle Pictures
uscita: 15/04/2011
8

Eddie Morra è un aspirante scrittore che non riesce a sfondare nel campo della letteratura. Il blocco dello scrittore lo costringe a ricorrere a rimedi pericolosi quando per caso incontra il suo ex cognato, che gli offre una nuova droga “legale” che permette di aumentare al massimo le capacità intellettive. Eddie non si fa tanti problemi e assume la pillola di NZT. Il suo cervello inizia a funzionare come un computer: riesce a imparare a suonare il pianoforte in meno di un giorno, così come qualsiasi lingua e qualsiasi tipo di abilità, e ancora più straordinario è che riesce a scrivere il libro in meno di poche ore. L’effetto del farmaco però è limitato, e per riprovare quella sensazione di onnipotenza Eddie ritorna dal suo ex cognato, il quale però lo inghiotte in un vortice di malavita. Ma con il cervello sfruttato al 100%, Eddie non ha paura di niente, e inizia una scalata ai vertici di Wall Street: da una piccola somma ricava milioni e le sue imprese vengono notate dal magnate della finanza Carl Van Loon, che gli offre un posto come consulente mediatore durante una grande fusione tra corporation. Inebriato dall’odore del successo, si accorge però dei terribili effetti collaterali del farmaco; è attaccato alla vita più di chiunque altro, e fa qualsiasi cosa per continuare la sua scalata verso la conquista del suo impero.
Limitless, sin dalle prime immagini, impressiona e promette di essere un titolo originale e ben costruito: andando avanti con la storia, ci si rende conto che quelle premesse sono fondate. Al di là dei piccoli difetti come dialoghi piuttosto sterili e buchi narrativi che denotano l’origine letteraria del film, Limitless rimane un incredibile film di denuncia, di azione, di thriller e di intrattenimento.
La critica che viene mossa è piuttosto interessante, perché guarda allo sfruttamento delle capacità di un uomo come lo sfruttamento dell’uomo stesso. Il denaro è il vero potere che ogni uomo vuole ottenere, e Limitless disegna questa amara verità tratteggiando un personaggio poliedrico nel suo carattere e nella sua evoluzione, e realistico nelle sue intenzioni. Raggiungere le vette di Wall Street rappresenta la condizione dell’uomo del 21^ secolo: un uomo i cui sogni vengono ridotti a un comun denominatore, ossia il denaro.
Affianco alla critica intelligente, c’è però un film davvero interessante dal punto di vista delle sequenze d’azione, frenetiche nei tempi e ben costruiti nelle immagini. L’effetto che provoca il farmaco alla mente di Eddie viene disegnato in maniera quasi ipnotico, con tecniche digitali e un montaggio che unisce riprese metropolitane in profondità: la macchina da presa sembra percorrere le strade di New York in un unico piano sequenza (senza interrunzioni), dando un senso di vertigine.
Limitless è stato tratto da un libro, The Dark Field di Alan Glynn, e nei casi degli adattamenti cinematografici di opere letterarie si sente sempre quel senso di vuoto narrativo che in un libro viene colmato da dettagli e tematiche che non possono essere riproposte sul grande schermo. È per questo che la trama del film risulta a volta troppo lunga e a volte priva di un collante che regga tutte le questioni che propone. Ma  grazie alla bravura di Bradley Cooper nei panni di Eddie il film è godibile sino all’ultima scena, che propone con un retro gusto amaro come il potere, nella società di oggi, non si ottiene mai in maniera lecita.
Criticabile la presenza di Robert De Niro, ormai ridotto all’ombra di sé stesso, che non riesce a dare nemmeno un quarto della sua bravura nei panni di un personaggio inquietante quanto pericolosamente realistico come Carl Van Loon. Fortuna che la star Bradley Cooper sostiene tutto il film con la forza della sua interpretazione.

Riccardo Rudi

The ward – Il reparto

1 aprile 2011

RECENSIONE
titolo originale: The ward
regia: John Carpenter
cast: Amber Heard, Mamie Gummer, Danielle Panabaker, Lyndsy Fonseca, Jared Harris, Mika Boorem, Laura-Leigh
genere: Horror
paese: USA
anno: 2010
durata: 86
distribuzione: Bim
uscita: 01/04/2011
7

 

E’ un ritorno in piena regola, quello messo in atto da John Carpenter con The Ward. Ritorno all’insegna delle aspettative di un’attesissima rentrée al cinema dopo una parentesi di ben dieci anni segnata dai due – peraltro ecclesi- episodi per la serie televisiva Masters of Horror, e di una sorta di impulso nostalgico che, nella classicità dell’approccio al genere a lui più congeniale, sembra richiudere l’opera del regista nel mero piglio vintage di un diligente salto indietro in un passato ormai obsoleto.
Niente di nuovo già a partire dal plot, che nel raccontare la dolorosa esperienza di una ragazza rinchiusa in un ospedale psichiatrico infestato da presenze maligne e inquietanti fenomeni, si dipana come il più convenzionale degli horror , privo di alcun guizzo ma sostenuto soltanto dall’impeccabilità di una regia da manuale. Ineccepibile, infatti,  sul piano di una perfetta padronanza del linguaggio in grado di procedere con ritmo spedito e assicurare, malgrado tutto, il funzionamento e la riuscita di suspence, tensione e altri meccanismi topici, The Ward si adagia sulla stanchezza di una forma fin troppo minimale – nel favorire all’efferatezza, l’introspezione di una didascalica corrispondenza tra l’angusta claustrofobia della pur suggestiva location e gli insondabili recessi mentali della protagonista – orientata verso la risoluzione di un finale a sopresa fuori tempo massimo rispetto alla sua collocazione nell’ambito di svariati prodotti di analoga fattura.
Se a ciò si aggiunge lo scarso appeal di un cast dominato dal solo versatile talento dell’ottimo Jared Harris, risultano ancora più comprensibili le difficoltà nel dare un senso a un’operazione sì perfetta nell’ottica di un mero esercizio di stile – se non vero e proprio divertissement – godibile e perfino divertente, ma incapace di segnalarsi in modo significativo tanto sul piano della rilevanza critica che su quello del mercato. E il tiepido riscontro ottenuto ai festival di Toronto (dove è stato presentato in anteprima) e Torino, unito alla distribuzione esclusivamente home-video per il mercato statunitense, ne rappresentano la prova.

Caterina Gangemi