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Remember me

24 marzo 2010

RECENSIONE
titolo originale: Remember me
regia: Allen Coulter
cast: Robert Pattinson, Emilie de Ravin, Chris Cooper, Lena Olin, Tate Ellington, Ruby Jerins, Pierce Brosnan
genere: Drammatico
paese: USA
anno: 2010
distribuzione: Eagle Pictures
uscita: 26/03/ 2010
6

La rabbia giovane di chi ha i pugni in tasca e l’anima ferita: tutto questo è Remember me, dove un bicchiere di ira può essere addolcito solo attraverso pulsioni di amore venerante. Tyler Hawkins investe i propri giorni dell’odio e dell’abbandono covando un sordo rimpianto verso il fratello Michael, morto suicida il giorno del suo ventiduesimo compleanno. A ciò si aggiunga pure un astio implacabile verso un padre imperturbabile, magnificamente interpretato da Pierce Brosnan. Il disadattamento e il tormento interiore di questo giovane Holden dei nostri giorni, sono raccontati con massima intensità, essendo peraltro delimitati in modo altrettanto chiaro e speculare dall’entrata in scena del personaggio di Ally Craig. Ally è una piccola donna a metà, con il cuore in gola ogni volta che ripensa alla madre uccisa anni or sono in metro, sotto i suoi occhi, da due teppistelli di periferia. Anche per lei, un’energia instabile metterà a dura prova il rapporto con il possessivo padre poliziotto. È difficile imporre un nome alla sua crescente presa di coscienza senza identificarla con quella sorta di vibrazione speciale che non somiglia a nient’altro se non all’amore, l’amore verso il disadattato Tyler.
Programmaticamente, il regista Allen Coulter, coadiuvato dagli sceneggiatore Will Fetters e Jenny Lumet, postula un discorso individuale relativo al problema dell’identità, sintonizzandosi sulle frequenze di un determinato tipo di cinema che utilizza forme e figure tratte dal più classico dei mélo hollywoodiani. Purtroppo, proprio per questo motivo, la pellicola non sopravvive di fronte alla perplessità dello spettatore di trovarsi faccia a faccia con il risultato mediocre di una serie di pressioni esercitate da molti altri film del passato. Per alterare un poco la tristezza e il furore di vivere frammisti allo spleen melanconico, l’autore sceglie di ricorrere all’umorismo di Aidan, l’estroverso amico di Tyler sempre in vena di battute sarcastiche. Per fortuna! Altrimenti, il proliferare e il montare della mestizia generale potrebbero davvero esacerbare gli animi.
Il divo di Twilight Robert Pattinson, palesa la sua irresistibile vocazione per ruoli di romantici nati e, sebbene sembrino occuparsi di lui solo le piccole fans del vampiro Edward Cullen, il suo talento meriterebbe maggiore attenzione. Malgrado lo script sia coerentemente dispiegato allo scopo di farlo assomigliare a un nuovo James Dean, Pattinson concede alla macchina da presa di sondare quanto c’è di più insondabile nella sua anima. Nello specifico, l’attrazione fatale che lega il protagonista a Emilie de Ravin, la biondina del serial tv Lost, rispetta in pieno qualsiasi paradigma di credibilità.
Il fatto che l’azione sia ambientata nella città di New York nell’anno di grazia 2001 può sembrare un caso curioso, mentre esemplifica un momento di forte densità semantica e un luogo depositario di un senso particolare. Eppure, proprio questa proprietà sbandierata a ridosso del finale risolve la questione in termini molto gratuiti.

Maria Cristina Caponi