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Occhio sul Mondo | Focus: Il Festival di Roma nel segno del Giappone

11 ottobre 2010

Occhio sul Mondo | Focus, forse la più trasversale ed eclettica tra le sezioni del Festival Internazionale del Film di Roma, per questa quinta edizione (che si terrà dal 28 Ottobre al 5 Novembre) punta i riflettori sul Giappone, inquadrandone con taglio contemporaneo alcuni frammenti significativi. “Il Giappone ha il grande merito di avere una straordinaria contemporaneità che si sposa perfettamente con la tradizione. Ci proponiamo di fornire qualche frammento significativo, che possa aiutare a comprendere questa cultura così vasta e complessa, molto distante dalla nostra. Lavorando molto al Focus ho avuto modo di constatare che, rispetto al Giappone, continuiamo a marciare per stereotipi: sappiamo pochissimo di questo singolare mondo”, afferma la responsabile del Focus Gaia Morrione. Da sempre in precario equilibrio fra gli estremi, tradizione e contemporaneità, bellezza e dolore, dolcezza e violenza, il Giappone viene spesso definito “l’ultima fermata prima della luna”. La volontà è proprio quella di accorciare le distanze, attraverso una selezione film eterogenea, aperta a diversi generi e a diverse tematiche.
Il Focus offrirà quest’anno una vetrina di sette film selezionati tra le produzioni più recenti.  Yoyochu in the Land of the Rising Sex di Masato Ishioka, documentario sul tema della pornografia in condivisione con la sezione Extra; due film presentati in condivisione con il Fuori Concorso, The Incite Mill: 7 Day Death Game del maestro Hideo Nakata e The Borrower Arrietty di Hiroshima Yonebayashi, ultimo capolavoro dello studio Ghibli presentato in anteprima internazionale; Sakuran, della regista Mika Ninagawa (scelta anche per la mostra fotografica ufficiale del Festival); il lungometraggio indipendente Autumn Adagio della giovanissima Tsuki Inoue; Toilet della regista Naoko Ogigami, in anteprima internazionale; Box – The Hakamada Case di Banmei Takahashi, film di denuncia basato su fatti realmente accaduti che sarà presentato e sostenuto anche da Amnesty International.
All’interno del Focus, anche due importanti omaggi. Il primo al regista Akira Kurosawa, che ha il grande merito di aver fatto scoprire al mondo il cinema del Sol Levante e il secondo a Satoshi Kon, giovane regista d’animazione recentemente scomparso. Grazie a questi due omaggi sarà possibile vedere per la prima volta in Italia Rashomon in versione restaurata, e ascoltare dal vivo due persone che hanno lavorato a stretto contatto con il maestro Kurosawa (l’italiano Vittorio Dalle Ore, assistente del regista dall’83 al ’93 e Teruyo Nogami, sua assistente storica). Per quanto riguarda l’omaggio a Kon, inoltre, verrà proiettato il film Perfect Blue, primo psycho-thriller della storia d’animazione giapponese, che sarà introdotto dal critico cinematografico Andrea Fontana.
Focus darà spazio anche ad una retrospettiva sullo Studio Ghibli, colosso dell’animazione giapponese, che ospiterà titoli come Porco Rosso e Pom Poko, per la prima volta doppiati in italiano. E poi ancora, spazio all’arte in tutte le sue forme: Focus volge lo sguardo alle arti visive presentando al pubblico la mostra fotografica “Mika Ninagawa for International Rome Film Festival” e un’installazione floreale sul red carpet, ad opera dell’artista nipponico Shogo Kariyazaki. Mentre nell’affascinante museo Maxxi di Zaha Hadid, che ospita la serata di inaugurazione del Festival, è previsto un evento fatto di inserti artistici, segni provenienti dalla millenaria cultura giapponese, pensati per convivere una notte con la contemporaneità del nuovissimo spazio romano.
Un Focus celebrativo della cultura nipponica che, proprio come scrive Roland Barthes nell’Impero dei segni: “(…) Singolare cosmonauta, eccomi attraversare mondi e mondi, senza fermarmi a nessuno d’essi: il candore della carta, la forma dei segni, la figura delle parole, le regole della lingua, le esigenze del messaggio, la profusione dei sensi (…)”.

Departures

8 aprile 2010

RECENSIONE
titolo originale: Okuribito
regia: Yojiro Takita
cast: Masahiro Motoki, Tsutomu Yamazaki, Ryoko Hirosue, Kazuko Yoshiyuki, Kimiko Yo
genere: Drammatico
paese: Giappone
anno: 2008
distribuzione: Tucker Film
uscita: 09/04/2010
9

In un’epoca convulsa e irrequieta come quella contemporanea, dove si è spesso indaffarati a correre da mattina a sera senza rimediare un po’ di tempo per pensare a se stessi, figuriamoci se qualcuno trova uno spazio per meditare su un concetto primitivo e ineluttabile, nella vita di tutti, come quello della morte.
È invece ciò che si trova, suo malgrado, a dover fare il povero Daigo, affermato violoncellista in una famosa orchestra, che improvvisamente si vede catapultato in mezzo alla strada. Per mantenere se stesso e la giovane moglie (oltre ad un figlio in arrivo), l’uomo accetta un incarico piuttosto singolare rispondendo a un annuncio.
Convinto di andare a lavorare in un’agenzia viaggi, si renderà presto conto di occuparsi sì di viaggi, ma di quelli particolari: gli ultimi ed estremi, in partenza per l’aldilà.
Nell’agenzia NK, Daigo si cimenterà con la preparazione di cadaveri, il lavaggio cerimoniale del corpo, la vestizione e il posizionamento del defunto nella bara alla presenza dei familiari.
Non facciamoci turbare da una trama apparentemente così macabra, poiché la pellicola (vincitrice di 13 Premi in altrettanti Festival, oltre all’Oscar come Migliore film straniero), scansando qualunque esagerazione e avvalendosi di uno svolgimento tipicamente orientale (con i tempi e le lentezze che gli sono propri) ha al suo attivo molti punti di forza che la rendono un piccolo, piacevole e indimenticabile gioiellino.
Dell’eleganza e della bellezza di una cerimonia che si svolge in maniere differenti nelle varie parti del mondo, presentandoci questa tradizione orientale come un rito estremamente artistico, svolto in silenzio e che richiede raffinate capacità, si fa carico il cineasta giapponese Yojiro Takita, uno dei più acclamati in patria fin dai suoi primi successi (The yen family, We are not alone o drammi come When the last sword is drawn).
A farci riflettere, invece, su vita e morte che coesistono in armonia e in maniera molto naturale, assumendone lo stesso valore e giacendo l’una a fianco dell’altra, ci pensa il protagonista Masahiro Motoki che riesce anche a sdrammatizzare il suo personaggio dosandolo con quel giusto tocco di comicità (il momento del video promozionale sull’attività dell’agenzia) e interpretando con grande intensità la rinascita di un uomo che guarda alla vita con un’ottica differente, imparando ad apprezzarla attraverso il mistero della morte.
Una bella sceneggiatura (seppur opera prima, per il grande schermo, con la firma di Kundo Koyama) supportata da una colonna sonora a tratti intensa e a tratti delicata (bella la scena del violoncello suonato in uno sconfinato prato verde, sullo sfondo di montagne che danno quel giusto senso di trascendente) per un film, sicuramente fuori dai canoni convenzionali, che non mancherà di suscitare emozioni: che si tratti di qualche risata a denti stretti o di qualche lacrima per le persone un po’ più sensibili.
Indubbiamente una bella lezione di cinema che, partendo dal tema della morte per arrivare a quello della vita, ci insegna a salutare affettuosamente tutti i nostri cari, senza dover aspettare il momento della dipartita per l’ultimo, estremo, addio; a voler loro bene, di quell’affetto indistinto, che si tratti di amore coniugale, filiale o che nasce da qualunque tipo di relazione con parenti, amici e conoscenti.
Come Daigo che, nonostante l’inevitabile incertezza e titubanza iniziale, incontrerà la morte sotto vari aspetti (una suicida dalla vita un po’ ambigua, un adolescente morto in un incidente stradale, un’anziana con la passione per i calzini bianchi), arrivando a compiere il difficile passo del perdono e lasciandosi alle spalle tanti anni di odio, invidie e ostilità, così anche gli spettatori saranno portati a riflettere su quel senso di rispetto per la vita e per il solenne momento del trapasso.
Alla fine di tutto, «La morte non è che un cancello. Con la morte non finisce niente. È un cancello, che si deve attraversare per proseguire il viaggio, e per il quale passano tutti. Io sono qua per aiutarli a passare e per dire addio a chi se ne va. E quando guardo partire qualcuno, dico: Arrivederci!».

Piergiorgio Ravasio