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Venezia 68 – 1 Settembre

2 settembre 2011

Venezia 68 – 1 settembre

I due film protagonisti della seconda giornata della Mostra del cinema di Venezia si collocano a due estremi opposti. Roman Polanski, con Carnage, si affida completamente ai suoi attori (Jodie Foster, Kate Winslet, John C.Reilly e Christoph Waltz) per distruggere l’apparenza delle due coppie protagoniste, mentre Madonna con W.E. si ferma proprio all’esteriorità per ritrarre le due storie d’amore al centro del suo racconto.
Il film di Polanski ha ricevuto un’ottima accoglienza da parte dei critici fin dalla prima proiezione stampa, mentre la seconda prova alla regia di Madonna non ha convinto del tutto, anche se la conferenza stampa ha segnato il primo vero tutto esaurito.
Entrambi i film hanno però attirato l’attenzione dei fans che sono rimasti ad attendere pazientemente tutto il giorno l’arrivo delle tante stelle di Hollywood ai bordi del red carpet fino alle 22, quando la cantante è arrivata sulla ribalta del Lido. Impossibile, però, non fare un confronto tra la bellezza naturale della splendida Kate Winslet, vera protagonista di questa edizione del Festival, con la presenza scenica da diva di Madonna.
A precedere i due film evento in Sala Grande è stato il film in concorso Saideke Balai (Warriors of the Rainbow: Seediq Bale): un film epico-storico taiwanese diretto da Wei Te-Sheng. Il kolossal porta sullo schermo la battaglia contro i giapponesi di un gruppo di nativi, tra combattimenti nella giungla e lotta per mantenere la propria cultura e le proprie tradizioni.
Il fitto programma del festival ha proposto nelle altre sezioni anche due opere particolarmente interessanti: Retratos en un mar de mentiras del regista Carlos Gaviria (film vincitore del Premio Città di Venezia), e, nell’ambito di Orizzonti, il particolare documentario Photographic Memory di Ross McElwee.
In serata si è svolta anche la prima proiezione del film in concorso Un été brûlant. Il film di Philippe Garrel è stato accolto dai primi fischi di questa 68esima edizione, causati da una sceneggiatura molto debole e le interpretazioni quasi fuori luogo di tutto il cast, compresa Monica Bellucci.

Beatrice Pagan

Come l’acqua per gli elefanti

5 Maggio 2011

RECENSIONE
titolo originale: Water for elephants
regia: Francis Lawrence
cast: Robert Pattinson, Christoph Waltz, Reese Witherspoon, James Frain, Hal Holbrook, Paul Schneider, Tim Guinee, Dan Lauria, Ken Foree
genere:Drammatico
paese: U.S.A.
anno: 2011
durata: 120′
distribuzione: 20th Century Fox
uscita: 06/05/2011
8

Robert Pattinson, il vampiro Edward nella saga Twilight, dà una limata ai suoi denti affilati e un tono di colore al cereo viso con cui lo abbiamo conosciuto, per vestire i panni di Jacob: un giovane ragazzo ad un passo dalla laurea in veterinaria. Prima cresciuto nella bambagia, poi sbandato e smarrito a seguito di un’improvvisa tragedia familiare, Jacob lascia tutto e tutti per mettersi in un viaggio senza meta. Sale casualmente su un treno (“Sono stato io a prendere il treno o è stato lui a prendere me?”) che poi scopre essere il convoglio che trasporta il Benzini Bros. Circus e dal quale non scenderà più.
Un viaggio fatale che avrà come destinazione l’incontro con Marlena, intrappolata in un matrimonio complesso e difficile, con la quale vivrà una storia d’amore e un destino che nessuno dei due avrebbe mai immaginato.
Lei (il Premio Oscar Reese Whiterspoon di Come lo sai?, del thriller Rendition e delle commedie romantiche Se solo fosse vero, La rivincita delle bionde e Una bionda in carriera), è una donna cauta e chiusa verso il mondo esterno, ex orfana che lavorava come sarta in un negozio di abbigliamento e che baratta una vita di povertà in cambio di un’affascinante promessa di celebrità, divenendo la principale attrazione di un circo in declino nonché moglie del direttore e proprietario dello stesso.
Lui, invece, dopo un apprendistato circense che inizia dal gradino più basso, si conquista la stima dell’autorevole e carismatico direttore August (Christoph Waltz, il colonnello nazista, Premio Oscar, di Bastardi senza gloria) il quale, venuto a sapere dei suoi studi universitari, lo promuove ad occuparsi delle cure mediche degli animali.
Attratto dalla splendente bellezza della moglie, pian piano Jacob riuscirà a fare breccia in quel muro di riservatezza che il giovane si trova di fronte fino a diventare quella rivelazione che, in un ambiente come il circo, Marlena non si sarebbe mai aspettata (grazie anche alla star assoluta del tendone, l’elefantessa Rosie, emarginata dal cast di un circo in disgrazia, che finirà per fare da catalizzatore tra il giovane Jacob e l’avvenente Marlena).
Epico racconto di un amore contrastato in un luogo magico colmo di avventura, meraviglia e grandi pericoli, la pellicola trae spunto da un bestseller rimasto per parecchio tempo in vetta alle classifiche statunitensi, pubblicato nel 2006 da Sara Gruen e che si è risolto, fin da subito, in un grande successo.
Riuscendo a pieno titolo nell’intento di trasmettere un’idea molto romantica di ciò che era la vita circense degli anni trenta (nonostante i ritmi, in alcuni punti, possano apparire un po’ rarefatti e la storia d’amore non particolarmente infuocata o animata) il film si risolve in vicenda d’amore e di speranza, di redenzione e di seconde opportunità ma, soprattutto, di conquista di una felicità tanto desiderata.
Bravo nell’adattare, per il grande schermo, questa storia, consapevole dei rischi che un romanzo di 400 pagine comporta quando si vuole trasporre una vicenda e un cast di personaggi tanto amati, pur reinventando un po’ il background di Marlena e August, lo sceneggiatore rimane abbastanza fedele alle ambientazioni naturali.
La fotografia, meticolosamente attenta ai vari dettagli visivi e i costumi, che risaltano il contrasto tra il luccicante mondo del circo e quello, appena fuori, dell’America della Grande Depressione, si sommano a soluzioni tecniche adottate che fanno sì che Come l’acqua per gli elefanti si discosti parecchio dalla classica immagine di circo a cui le pellicole che furono ci hanno abituato, pur dandoci la sensazione di quel tuffo nel passato che ci lasciava, da bambini, strabiliati e a bocca aperta davanti agli spettacoli sotto il magico tendone.
Un plauso, dunque, al regista Francis Lawrence che riesce a mettere in scena un gran bel film (a poca distanza dal suo debutto nei lungometraggi con Constantine e con il fortunato film catastrofico Io sono leggenda) offrendoci sul piatto una magica serata di storia d’amore, di desideri esauditi, di riscatto, di magia e di bellezza.
Quell’amore smisurato con cui ognuno di noi si rapporta agli altri nelle sue svariate manifestazioni. Che sia tra uomini e donne, in famiglia, tra esseri umani o animali, si tratta sempre di amore per la vita.

Piergiorgio Ravasio

The Green Hornet

27 gennaio 2011

Recensione
titolo originale: The Green Hornet
regia: Michel Gondry
cast: Seth Rogen, Jay Chou, Cameron Diaz, Christoph Waltz, Edward Furlong, Edward James Olmos, Tom Wilkinson, David Harbour
genere: Azione
paese: Usa
anno: 2011
distribuzione: Sony Pictures
uscita: 28/01/ 2011
6

 

Nel 1936 sulle frequenze WXYZ della radio locale di Detroit, il popolo statunitense prova per la prima volta il desiderio di essere un supereroe. Simile vocazione a un sogno tanto impudente non è però veicolata dal principio greco del kaloska’gathòs (l’eroe bello e buono), che aderisce come una seconda calzamaglia a quel fustacchione di Superman. Incredibile ma vero, la mitologia classica di oltre oceano parte con uno yuppie irresponsabile dal poco blasonato stemma a forma di calabrone verde. Oggi, dopo aver impazzato nei programmi radiotelevisivi statunitensi di alcune decadi fa, il pungiglione della famosa vespa è stato acquisito dal comico ventinovenne Seth Rogen. A condividere la stessa ansia per la giustizia di Britt Reid/Green Hornet è il laborioso meccanico Kato, interpretato dalla giovane star taiwanese Jay Chou (nel 1966 lo stesso ruolo era toccato nientepopodimento che a Bruce Lee!). Poi, al pari del fedele maggiordomo Alfred Pennyworth di Batman, la sexy segretaria quasi privata Lenore Case (Cameron Diaz) è un valido sostegno per le gesta eroiche dei prodi combattenti metropolitani. Tuttavia, non basta la presenza di questa pupa biondo platano per dare un po’ di pepe a un qualche risvolto carnale dalla geometria triangolare. L’onore di maneggiare tutto l’armamentario del perfetto villain spetta, invece, a un gigionesco Christoph Waltz, già entrato nell’Olimpo dei cattivoni hollywoodiani grazie al personaggio del perfido colonnello Hans Landa in Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino.
Guardando The Green Hornet, la domanda è d’obbligo. È davvero Michel Gondry oppure no? Ma, certo che è lui. Almeno sulla carta, visto che il nome del regista di Se mi lasci ti cancello compare nei credits del film. Però, si ha come la sensazione che, sebbene la firma in calce a The Green Hornet sia effettivamente la sua, qualcun altro lo abbia aiutato a impugnare la penna con cui Gondry ha firmato la resa incondizionata nei confronti del nuovo, ingombrante blockbuster americano. E inoltre: perché la soluzione artigianale degli effetti speciali già vista all’opera ne L’arte del sogno e Be Kind Rewind-Gli acchiappafilm è passata in un batter d’occhio dall’essere cifra stilistica del filmaker francese a mero inventariato di quattro trucchi a casaccio, tanto da essere rimpiazzato dal ben più moderno 3D?
La popolarità ottenuta a prezzo della propria prostituzione intellettuale comincia così a far perdere colpi e smalto a uno degli autori più originali dell’ultimo decennio. Triste a dirlo, eppure qualsiasi difesa a favore dell’ex enfant prodigeGondry non è altro che un atto nemico della verità. Si spera, almeno, che il regista non voglia nuovamente lucrare sulla plenaria indulgenza dimostrata questa volta dai suoi fedeli ammiratori, accettando di dirigere un possibile sequel sul giustiziere calabrone. L’unica consolazione è delegata ai vari Thor, Green Lantern, X-Men, Spiderman, etc. ovvero i paladini della Marvel e Dc che – tra brevissimo – invaderanno le sale cinematografiche. Non c’è che l’imbarazzo della scelta…

Maria Cristina Caponi