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Venezia 68 – 9 settembre

10 settembre 2011

Venezia 68 – 9 settembre

L’evento del venerdì festivaliero al Lido di Venezia è stata la cerimonia di premiazione del Leone d’oro alla carriera, attribuito a Marco Bellocchio. A consegnare il prestigioso riconoscimento è stato Bernardo Bertolucci.
La Sala Grande ha poi accolto gli ultimi due titoli in concorso in questa 68esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia.
Texas Killing Fields è un thriller poliziesco ben curato dalla regista Ami Canaan Mann, che ha potuto contare sull’esperienza del padre in veste di produttore, e ottimamente interpretato dal cast di attori che comprende Jeffrey Dean Morgan, Sam Worthington e la giovane attrice rivelazione delle ultime stagioni Chloe Moretz.
Ultimo titolo in cerca del favore della giuria è stato Duo mingjin (Life without principle) del regista Johnnie To. Il film coreano intreccia la vita di un’impiegata in banca alle prese con la crisi finanziaria internazionale con quelle di un ispettore di polizia e un delinquente alla ricerca di soldi facili. Pur essendo un film ben diretto e piacevole, le probabilità che To conquisti un Leone sono molto basse.
La settimana della critica ha terminato le sue proiezioni con il film italiano Missione di Pace, del regista Francesco Lagi: una commedia leggera ambientata nel mondo militare delle missioni di pace all’estero in cui una complicata relazione padre-figlio dà vita ad una serie di divertenti contrattempi. Il film, che si avvale anche della colonna sonora di Bugo, ha come interpreti principali gli attori Silvio Orlando, Alba Rohrwacher e Filippo Timi.

Beatrice Pagan

Avatar

14 gennaio 2010

RECENSIONE
titolo originale: Avatar
regia: James Cameron
cast: Sam Worthington, Zoe Saldana, Sigourney Weaver, Michelle Rodriguez, Stephen Lang, Giovanni Ribisi, Wes Studi, CCH Pounder
genere: Fantascienza
paese: USA
anno: 2009
distribuzione: 20th Century Fox
durata: 166′
uscita nelle sale: 15/01/2010
8

Ci sono voluti più di dieci anni al regista James Cameron per portare al cinema la sua visione di Pandora, un mondo alieno abitato da una popolazione indigena denominata Na’vi. Un sogno accarezzato sin da bambino, quando l’immaginazione lo trasportava in mondi lontani e isole misteriose, ispirato da film e letture di fantascienza di cui è appassionato. Oggi quel sogno è realtà, grazie anche ad una nuova tecnologia, sviluppata dallo stesso Cameron e da Weta Digital, composta di cineprese che rendono gli effetti speciali in presa diretta, in modo da poter guardare gli attori sul monitor già con le sembianze aliene e dirigerli già immersi nell’ambiente fantastico.
Entriamo in questo mondo alieno attraverso gli occhi di Jake Sully (Sam Worthington), un veterano di guerra costretto sulla sedia a rotelle. Jake viene chiamato a prendere il posto del fratello gemello deceduto, nel programma Avatar. Tale piano scientifico prevede che gli esseri umani vengano collegati ad una macchina che ne crei un surrogato Na’vi, l’avatar per l’appunto, che permetta loro di muoversi liberamente sul pianeta e di interagire con gli esseri che lo popolano. Il corpo militare al vertice del programma ha come fine ultimo quello di “conquistare” Pandora per estrarre dal sottosuolo un particolare minerale che potrebbe risolvere la crisi energetica sulla Terra. Il compito di infiltrarsi tra i Na’vi e convincerli a sgombrare viene affidato a Jake, il quale può vantare un valoroso passato da Marine diversamente dal resto del team costituito da scienziati. L’incontro con la cultura indigena e, soprattutto, con la suadente Neytiri (Zoe Saldana) renderà la missione più difficile del previsto.
James Cameron sa bene quel che fa e cala lo spettatore nella storia in maniera graduale, abituandolo al mondo e alle tradizioni Na’vi poco per volta. In uno spettacolo così sontuoso, l’effetto 3D adottato dal regista diventa un mezzo per perfezionare l’esperienza, più che un fine per ottenere un senso di meraviglia. La terza dimensione, infatti, è raramente utilizzata per creare la sensazione degli oggetti che escono dallo schermo, quanto invece per dare profondità visiva e spessore narrativo alla storia. Si è talmente immersi nel mondo di Pandora che si dimentica presto di indossare gli speciali occhialini.
Ma il film non è solamente un tripudio di effetti speciali, al suo interno racchiude un importante significato. La storia messa in scena da Cameron, infatti, può essere paragonata a quella delle culture aborigene delle Americhe, violentate e sopraffatte dal colonialismo del vecchio continente. Avatar in tal senso ricalca le orme di classici come Balla coi lupi.
Il rispetto delle culture indigene è alla base della storia; il protagonista, attraverso il suo viaggio alla scoperta di un nuovo mondo, dovrà imparare ad “aprire gli occhi”. Durante uno dei momenti più intimi Neytiri dice a Jake “Nessuno può insegnarti a vedere, ci devi riuscire da solo”, indicando un lungo percorso verso la comprensione e tolleranza.
Il lavoro di Cameron non si ferma qui; il regista impreziosisce la trama di diversi piani di lettura, dando particolare importanza al ruolo di madre natura, su Pandora ci si può fisicamente connettere uno con l’altro creando una coscienza comune con flora e fauna, implicando connotazioni religiose e una visione della vita New Age che unisce gli esseri viventi al pianeta e, in ultimo, all’universo.
I Na’vi finiscono per rappresentare, quindi, la versione più pura dell’umanità, un senso di spiritualità e d’ideali andati perduti. Il film è uno spettacolo per gli occhi e per la mente, che strabilia con gli effetti visivi e induce alla riflessione con i suoi messaggi velati.

dal nostro inviato a Los Angeles, Michael Traversa