Posts Tagged ‘20th Century Fox’

Rio

6 aprile 2011

Locandina italiana del film RioRECENSIONE
titolo originale: Rio
regia: Carlos Saldanha
doppiaggio italiano: Pino Insegno, Fabio De Luigi, Victoria Cabello, Mario Biondi
genere: Animazione
paese: USA
anno: 2011
durata: 95
distribuzione: 20th Century Fox
uscita: 15/04/2011

7

Dopo tanta animazione che più che guardare al suo naturale pubblico strizza l’occhio ai fratelli più grandi, ai genitori e agli zii, Rio è un cartone animato semplice, gioioso e… per bambini. La storia di Blu (doppiato nella versione originale da Jesse Eisenberg e in quella italiana da Fabio De Luigi), il pappagallo domestico che non sa volare, è una commovente e vivace favola sul valore della libertà e sull’amore.
Sin dalla prima scena, una sfavillante danza di uccelli tropicali, il film regala allo sguardo dei suoi spettatori una sferzata di energia: la resa grafica dei colori accesi dal sole brasialiano è molto suggestiva e fa subito entrare nel buio del cinema l’atmosfera del carnevale di Rio De Janeiro. Musiche e canzoni regalano alla storia un tocco vagamente demodé, facendo tornare i più grandi alle storie musicali dell’infanzia. Solo che al posto delle melodie romantiche alla Disney-maniera, qui si balla la samba! Anche i pittoreschi personaggi di contorno caratterizzano l’anima latina del luogo: che siano, umani, uccelli, scimmie o cani rappresentano tutti la magia del Brasile. In questo ambiente, le uniche gocce fuor d’acqua sono proprio Blu, che ha vissuto negli stati Uniti da quando era soltanto un cucciolo, e la sua padrona/amica Linda.
Ricco di suggestioni visive, Rio ha anche un significato più profondo. Il pappagallo che torna nella sua terra d’origine per scongiurare l’estinzione della specie non solo ci dà un messaggio ecologico, ma rappresenta anche uno scontro tra natura e cultura. Tra ciò che Blu è diventato, crescendo lontano dai suoi simili, e il mondo selvaggio da cui proviene, che lo attrae e al tempo stesso lo spaventa. Lo scontro viene ben rappresentato dalle due “femmine” della sua vita: Linda, la ragazza che l’ha adottato nel Minnesota e che è praticamente la sua migliore amica umana e Gioel (la voce italiana è quella di Victoria Cabello), l’ultima pappagallina della sua specie, che detesta le sbarre e anela solo la libertà. Come da manuale, sarà la forza dell’amore a risolvere il conflitto e a far tornare ciascuno nel posto che la natura gli ha assegnato.

Maria Silvia Sanna

Il cigno nero – Black Swan

21 febbraio 2011

RECENSIONE
titolo originale: Black Swan
regia: Darren Aronofsky
cast: Vincent Cassel, Natalie Portman, Winona Ryder, Mila Kunis, Sebastian Stan, Christopher Gartin
genere: Drammatico, Thriller
paese: USA
anno: 2010
distribuzione: 20th Century Fox
uscita: 18/02/2011
6

 

 

Dopo aver vinto il Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia con “The Wrestler”, interpretato dal lottatore Mickey Rourke e dopo averci coinvolti in una storia d’amore, onirica e visionaria come “L’albero della vita” (a base di piani temporali intrecciati tra di loro), il coraggioso e originale regista Darren Aronofsky porta il suo pubblico in un mondo inquietante e contorto, fatto di inganni e paranoie grazie a questa nuova pellicola girata nel mondo del balletto. Un thriller psicologico che ci racconta la storia sensuale e gelida di una prima ballerina intrappolata in una battaglia ossessiva, con impulsi oscuri che lentamente prenderanno il controllo su di lei.
Dimessi gli abiti della Regina Midala (“Star Wars I, II e III, prequels della popolare trilogia di Guerre Stellari degli anni ’70 e ‘80) Natalie Portman incarna un’ambiziosa giovane ballerina di New York (Nina) a caccia del doppio ruolo che tutti sognano: il Cigno Bianco, delicato e innocente, e il Cigno Nero dalla seducente malvagità (liberamente ispirato al famoso “Il lago dei cigni”).
Ottenuto il ruolo, la giovane promessa non è altrettanto certa di poter rappresentare anche la parte oscura della Regina dei cigni. Mentre raggiunge nuove vette con il suo corpo, gli incubi, le fantasie e le gelosie che nasconde iniziano a farsi strada in maniera profonda, causando uno scontro pericoloso con la nuova arrivata che rappresenta la sua maggiore rivale.
Nina in breve tempo si calerà, fin troppo bene, nel ruolo del malvagio e mortale Cigno Nero.
Diventando il Cigno nero, qualcosa di oscuro inizia a crescere dentro di lei e si trasforma in una crisi di identità facendo diventare confusi anche i confini tra lei e le altre persone. Intrappolata in questo mondo vertiginoso, fatto di doppi e di ingannevoli apparizioni, di incontri misteriosi e di ferite che si aprono, Nina inizia a perdere il controllo intrappolata in un ciclo di ossessione, dove la realtà diventerà inseparabile dal personaggio che interpreta.
Nuova versione de “Il lago dei cigni”, in chiave più oscura, moderna, estrema e sicuramente cinematografica, il film, drammatico duello tra innocenza e malvagità ambientato nel mondo eccitante e faticoso del balletto professionale, si denota per quegli elementi fantastici (come vedere il proprio doppio e la trasformazione fisica dei corpi), per le scene di balletto molto liriche, per quell’ipnotico mix di bellezza, mistero e paura.
A questa moderna storia sul dualismo, sul doppio e sulla paura che qualcuno o qualcosa possa prendere possesso della nostra vita, prendono parte anche altri mostri sacri del cinema come la Mila Kunis di “Codice genesi” e “Non mi scaricare” e Vincent Cassel (“I fiumi di porpora”, “Giovanna d’Arco”, “Il patto dei lupi”) qui
brillante coreografo e direttore artistico della compagnia che pensa solo all’arte, portando le ballerine a superare i loro limiti per poi abbandonarle lungo la strada al termine delle loro carriere. Assieme a questi anche la brava attrice di “Piccole donne”, “Ragazze interrotte” e “La casa degli spiriti” (Winona Ryder) ex leggendaria stella della compagnia ed ora in caduta libera.
Percorrendo un faticoso viaggio nei corridoi della paranoia, questa coraggiosa odissea piena di suspence, mostrando l’ascesa e il crollo di una ballerina, diventa un film di corpi estremi e di anime in pena.
Insomma: Darren Aronofsky, ponendo il pubblico all’interno degli affascinanti mondi abitati dai vari personaggi, è un regista che non fa mai nulla di convenzionale; e non si smentisce neanche questa volta.

Piergiorgio Ravasio

Fantastic Mr. Fox

13 aprile 2010

Fantastic Mr. FoxRECENSIONE
titolo originale: Fantastic Mr. Fox
regia: Wes Anderson
cast: George Clooney, Meryl Streep, Jason Schwartzman, Bill Murray, Wallace Wolodarsky, Eric Chase Anderson, Michael Gambon, Willem Dafoe, Owen Wilson, Jarvis Cocker
genere: Animazione
paese: USA/Gran Bretagna
anno: 2009
distribuzione: 20th Century Fox
uscita: 16/04/2010
9

La volpe accanto all’albero che scotta non aspetta un colpo di fortuna come può essere un grappolo di uva piombato dinanzi alle sue zampe, ma s’improvvisa cacciatrice di polli. Questa simpatica canaglia è Mr. Fox, ovvero la vulpes vulpes – nome latino impiegato in campo scientifico – partorita, con tanto di completo in doppiopetto beige, dalla fantasia dell’estroso regista americano Wes Anderson. Il racconto Fantastic Mr. Fox. Furbo, il signor Volpe, del romanziere Roald Dahl, ha così dato “il la” all’immaginazione dell’autore de I Tenenbaum; per il resto, molti dettagli non presenti nel libro sono stati aggiunti da Anderson di sua spontanea e libera volontà. Il più lampante ha a che vedere con la continua voglia di Mr. Fox di stupire sempre le persone che lo affiancano nella vita quotidiana, una smaniosa sindrome da primo della classe da cui gli derivano molte insicurezze. Prima fra tutte: quella di perdere il suo spirito selvaggio ormai fuori stagione, sacrificato a vantaggio di un lato decisamente più umano. Per evitare che il profilo della sua identità animale venga cancellato, la bestia gode nel rubare le fortune dei tre prepotenti fattori Boggis, Bunce e Bean. Non è sempre detto che a un’azione segua immediatamente una reazione, tuttavia non è questo il caso. Invero, le piccole bagatelle del protagonista metteranno in serio pericolo la tranquilla esistenza di sua moglie, del figlioletto Ash, del nipote Kristofferson e, più in generale, della comunità di cui è membro. Saranno opportuni una meditazione per i tempi forti e un duro lavoro di squadra allo scopo di farla definitivamente in barba a quel trio mal assortito e poco evoluto di homini erecti.
Sicuramente alcuni altri lungometraggi di animazione sono stati presi come fonte d’ispirazione dal cineasta durante la lavorazione della sua pellicola, ad esempio quelli di Hayao Miyazaki, eppure Anderson sceglie di dedicarsi a una tecnica oramai “giurassica” com’è per l’appunto la cosiddetta stop motion. Simile processo denominato anche “passo uno” consiste nel riprendere un fotogramma per volta i movimenti di alcuni pupazzi dentro un dato set. Prima di Anderson, Tim Burton ha utilizzato simile modalità facendo vere e proprie faville nel film-cult Nightmare before Christmas e nel recente La sposa cadavere. Di sicuro, dalla visione di Fantastic Mr. Fox si arguisce che c’è stata una sorta di crescita organica per cui il team capitanato da Anderson non ha deciso di partire da una visione unitaria fissa ma, com’è logico, molto è venuto dal confronto con i burattini stessi. Infatti, man man che tutti i personaggi sono stati realizzati dai modellatori MacKinnon & Saunders, l’intero design della pellicola si è basato direttamente su di loro.
Un’aria di stralunato humour alita su pressoché la totale produzione andersoniana: lo stesso dicasi per Fantastic Mr. Fox che non infrange mai questa regola d’oro coniata già all’epoca di Rushmore e Un colpo da dilettanti. Mentre, l’unica cosa da rimpiangere sembra essere la sostituzione delle voci originali di George Clooney, Meryl Streep, Bill Murray, Willem Dafoe, Owen Wilson e Jason Schwartzman con i doppiatori nostrani, ai quali – però – è giusto riconoscere una certa efficacia e un grande valore.

Maria Cristina Caponi

Percy Jackson e gli Dei dell’Olimpo – Il ladro di fulmini

12 marzo 2010

RECENSIONE
titolo originale: Percy Jackson & The Olympians: The lightning thief
regia: Chris Columbus
cast: Logan Lerman, Brandon T. Jackson, Alexandra Daddario, Catherine Keener,  Sean Bean, Pierce Brosnan, Rosario Dawson, Uma Thurman
genere: Fantasy
paese: Canada, USA
anno: 2010
distribuzione: 20th Century Fox
durata: 118
uscita nelle sale: 12/03/2010
5

Percy Jackson è un ragazzino come tanti altri, o almeno è quello che vogliono farci credere in nome dell’identificazione.
Provassero con una formula più reale, del tipo: Percy, figlio di uno sportellista delle poste e di una presentatrice Avon, faceva il commesso da Ikea ed era quanto di più medio potesse esistere. Oppure, con una più sincera: Percy Jackson era un figo da paura, aveva poteri magici sbalorditivi e conquistava le ragazze inarcando il sopracciglio sinistro.
Un po’ d’onestà! Non è un ragazzo come tanti altri: primo, perché non tutti i diciassettenni sono dei fotomodelli camuffati da sfigati; la maggior parte, sono sfigati veri e propri. Secondo, non tutti, dopo gran parte dell’adolescenza passata da schifo, scoprono di essere atletici semidei nelle cui mani è posto il destino dell’umanità.
Partiamo da qui. Ignaro d’esser figlio del Dio Poseidone (Kevin McKidd), Percy (Logan Lerman) trascorre le giornate tra scuola, piscina e casa, in un sobborgo di New York. La sua vita cambia (ma va’?!) quando dall’Olimpo, ricollocato da Zeus (Sean Bean), in una spinta paurosamente glamour, in cima all’Empire State Building, vengono rubate le folgori olimpiche, la prima vera arma di distruzione di massa. Accusato del furto – poiché progenie di un’antagonista di Zeus – viene così a conoscenza della sua vera identità, iniziando un viaggio tra mostri mitologici, discese nell’Averno e campi di addestramento eroici, per scagionarsi e scongiurare una guerra divina che porterebbe il mondo al collasso.
E’ questa, a grandi linee, la storia di Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo – Il ladro di fulmini, diretto dal veterano del cinema per ragazzi, Chris Columbus, e tratto dall’omonima saga scritta da Rick Riordan.
I fantasy sono un terreno insidioso: commettere passi falsi, affondando in banalità e ridicolaggini generazionali di sorta, è facile quasi quanto sottovalutare il pubblico al quale essi sono rivolti.
Meno semplice, invece, è riuscire a reinventare con creatività e ritmo, storie che per loro natura sono basate su archetipi e topoi vecchi come il cucco, capaci di evolversi in modi inaspettati e sorprendenti, secondo i tempi o il gusto della gente. E’ il caso de Il Signore degli anelli o Harry Potter, realizzati, in linea di massima, secondo questa logica: fedeltà al testo (per quanto possibile), rispetto dei linguaggi, ricchezza dei contenuti, sviluppo dei personaggi e cura dei particolari.
Il successo di queste saghe, ahinoi, ha innescato, nelle case di produzione, un meccanismo perverso: la corsa al best seller fantasy.
Se la fretta, nella vita, è cattiva consigliera, nella realizzazione di un film è una vera e propria stronza traditrice! Infatti, gettando a tempo di record il volume di turno in mano al primo sceneggiatore che passa e di lì al primo regista disponibile, il risultato non può non essere quantomeno discutibile.
Ecco spiegati “mostri” del calibro di Eragon e La bussola d’oro (diretto dal solitamente bravo Chris Weitz, al tempo probabilmente sotto antidepressivi) che, pur venendo da saghe venerate o – come il secondo – di altissima qualità, hanno fatto flop: ridotti a stupidi videogiochi malfatti, nei quali pure gli effetti speciali, panacea di tutti i film carenti di storia e/o sceneggiatura solida, nulla hanno potuto per evitare la catastrofe.
A far compagnia a Weitz, nel limbo dei fagocitati da questo diabolico meccanismo, ora c’è anche un veterano come Chris Columbus che, pur avendo dimostrato ben altro approccio al genere nei primi due Harry Potter, con Percy Jackson, casca rovinosamente nel gorgo dell’inutilità.
Il lavoro di Columbus non è disastroso come i due illustri casi citati in precedenza, ma, dopo aver assistito alla proiezione, nasce un “perché?” grande come una casa, riguardo all’utilità, all’originalità (il fantasma di Potter è ovunque) e all’efficacia di quanto visto.
Trascurando interpretazioni generalmente dignitose – su tutti, Catherine Keener nel ruolo della madre di Percy – e le simpatiche partecipazioni di Uma Thurman (Medusa) e Rosario Dawson (Persefone), il film è un pompatissimo inno al pressapochismo narrativo, dove tutto è pensato per essere cool & catchy, senza una minima costruzione di base, credibilità nei dialoghi e minuziosità nel caratterizzare luoghi (stereotipatissimi) e personaggi (paurosamente piatti), dai quali traspaiono solo poche briciole di emotività.
L’obiettivo di Columbus, probabilmente, era quello di strizzare l’occhio alla High School Musical generation – in questo periodo assai remunerativa – senza capire che gli amanti del fantasy più diversificati (ed educati alla visione) di quanto si pensi.
Anche una buona intuizione, come l’ambientazione contemporanea, si perde nell’eccesso, per colpa di trend modaioli (le Converse alate del Dio Hermes sono un po’ troppo), slang da ghetto, coreografie alla Step Up e Lady Gaga a go go.
Manca l’equilibrio con la sfera mitica, rappresentata, invece, secondo una visione per giunta troppo ortodossa, intrisa, però, da una fastidiosissima patina di artificiosità quasi televisiva (i costumi sembrano fondi di magazzino di un B-Movie).
Il livello degli effetti speciali è schizofrenico: si va da ottime scene di lotta aerea e affascinanti panoramiche infernali, a conversazioni tra Percy e i gigantissimi Dei, che sembrano realizzate con vecchissimi trucchi di prospettiva, su Green screen che urlano la loro presenza.
Columbus, senza le idee o il brio che l’hanno sempre contraddistinto, realizza un film deludente, lasciandosi sfuggire dalle mani una storia potenzialmente intrigante e nuova.
Percy, rassegnati. Di Jackson, continuiamo a preferire decisamente Peter!

Marco Cocco

Avatar

14 gennaio 2010

RECENSIONE
titolo originale: Avatar
regia: James Cameron
cast: Sam Worthington, Zoe Saldana, Sigourney Weaver, Michelle Rodriguez, Stephen Lang, Giovanni Ribisi, Wes Studi, CCH Pounder
genere: Fantascienza
paese: USA
anno: 2009
distribuzione: 20th Century Fox
durata: 166′
uscita nelle sale: 15/01/2010
8

Ci sono voluti più di dieci anni al regista James Cameron per portare al cinema la sua visione di Pandora, un mondo alieno abitato da una popolazione indigena denominata Na’vi. Un sogno accarezzato sin da bambino, quando l’immaginazione lo trasportava in mondi lontani e isole misteriose, ispirato da film e letture di fantascienza di cui è appassionato. Oggi quel sogno è realtà, grazie anche ad una nuova tecnologia, sviluppata dallo stesso Cameron e da Weta Digital, composta di cineprese che rendono gli effetti speciali in presa diretta, in modo da poter guardare gli attori sul monitor già con le sembianze aliene e dirigerli già immersi nell’ambiente fantastico.
Entriamo in questo mondo alieno attraverso gli occhi di Jake Sully (Sam Worthington), un veterano di guerra costretto sulla sedia a rotelle. Jake viene chiamato a prendere il posto del fratello gemello deceduto, nel programma Avatar. Tale piano scientifico prevede che gli esseri umani vengano collegati ad una macchina che ne crei un surrogato Na’vi, l’avatar per l’appunto, che permetta loro di muoversi liberamente sul pianeta e di interagire con gli esseri che lo popolano. Il corpo militare al vertice del programma ha come fine ultimo quello di “conquistare” Pandora per estrarre dal sottosuolo un particolare minerale che potrebbe risolvere la crisi energetica sulla Terra. Il compito di infiltrarsi tra i Na’vi e convincerli a sgombrare viene affidato a Jake, il quale può vantare un valoroso passato da Marine diversamente dal resto del team costituito da scienziati. L’incontro con la cultura indigena e, soprattutto, con la suadente Neytiri (Zoe Saldana) renderà la missione più difficile del previsto.
James Cameron sa bene quel che fa e cala lo spettatore nella storia in maniera graduale, abituandolo al mondo e alle tradizioni Na’vi poco per volta. In uno spettacolo così sontuoso, l’effetto 3D adottato dal regista diventa un mezzo per perfezionare l’esperienza, più che un fine per ottenere un senso di meraviglia. La terza dimensione, infatti, è raramente utilizzata per creare la sensazione degli oggetti che escono dallo schermo, quanto invece per dare profondità visiva e spessore narrativo alla storia. Si è talmente immersi nel mondo di Pandora che si dimentica presto di indossare gli speciali occhialini.
Ma il film non è solamente un tripudio di effetti speciali, al suo interno racchiude un importante significato. La storia messa in scena da Cameron, infatti, può essere paragonata a quella delle culture aborigene delle Americhe, violentate e sopraffatte dal colonialismo del vecchio continente. Avatar in tal senso ricalca le orme di classici come Balla coi lupi.
Il rispetto delle culture indigene è alla base della storia; il protagonista, attraverso il suo viaggio alla scoperta di un nuovo mondo, dovrà imparare ad “aprire gli occhi”. Durante uno dei momenti più intimi Neytiri dice a Jake “Nessuno può insegnarti a vedere, ci devi riuscire da solo”, indicando un lungo percorso verso la comprensione e tolleranza.
Il lavoro di Cameron non si ferma qui; il regista impreziosisce la trama di diversi piani di lettura, dando particolare importanza al ruolo di madre natura, su Pandora ci si può fisicamente connettere uno con l’altro creando una coscienza comune con flora e fauna, implicando connotazioni religiose e una visione della vita New Age che unisce gli esseri viventi al pianeta e, in ultimo, all’universo.
I Na’vi finiscono per rappresentare, quindi, la versione più pura dell’umanità, un senso di spiritualità e d’ideali andati perduti. Il film è uno spettacolo per gli occhi e per la mente, che strabilia con gli effetti visivi e induce alla riflessione con i suoi messaggi velati.

dal nostro inviato a Los Angeles, Michael Traversa